LA CORTE DEI CONTI
    Sezione  terza  giurisdizionale  (pensioni  civili)  composta  dai
 seguenti magistrati:
      dott. Vittorio Platania, presidente;
      dott. Giuseppe Chiaula, consigliere;
      dott. Giulio Lucente, consigliere;
      dott. Gaetano Pellegrino, consigliere;
      dott. Nicola Soria, consigliere;
    Uditi  nella pubblica udienza del 20 ottobre 1989 con l'assistenza
 del segretario sig.ra Maria Vincenza Diana, il  consigliere  relatore
 dott.  Giuseppe Chiaula e il pubblico ministero in personale del vice
 procuratore generale dott.ssa Annamaria Giorgione;
    Visto il ricorso iscritto al n. 109209 del registro di segreteria;
    Visti gli atti e i documenti tutti della causa;
    Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso prodotto dal sig.
 Tortorella Angelo nato il 18 ottobre 1905 a Castellaneta, domiciliato
 in Taranto, via Dante n. 270, avverso il provvedimento negativo della
 direzione provinciale del Tesoro di Taranto.
                               F A T T O
    Il  sig. Tortorella Angelo, gia' operaio della difesa, collocato a
 riposo il 27 marzo 1971, ha  presentato  ricorso,  depositato  il  20
 aprile  1982,  dolendosi perche' il suo trattamento pensionistico non
 sia stato adeguato alla retribuzione intervenuta, nei  confronti  del
 personale  in  servizio, di corrispondente qualifica, a seguito delle
 leggi n. 382/1980 e 432/1981.
    Il  procuratore  generale  ha  chiesto  (atto  scritto  in data 20
 dicembre 1984) la reiezione del ricorso, argomentando che non esiste,
 nell'ordinamento,  il  principio  della perequazione automatica delle
 pensioni,   ai    sopravvenuti    trattamenti    d'attivita'    (solo
 eccezionalmente alcune leggi l'avrebbero previsto).
    Ha  altresi' richiamato, ad ulteriore suffragio della sua tesi, il
 principio posto dall'art. 43 del testo unico n. 1092/1973, per cui la
 pensione  va  rapportata,  in  ogni  caso, al trattamento d'attivita'
 percepito  dal  pubblico  dipendente  alla  data  di  cessazione  del
 servizio.
    nell'odierna pubblica udienza - non rappresentato il ricorrente il
 procuratore generale ha confermato le  conclusioni  di  cui  all'atto
 scritto.
                             D I R I T T O
    Con  la  domanda  attrice si pone il problema delle c.d. "pensioni
 d'annata"  e  se  ne  prospetta  la  soluzione  mediante  una   larga
 interpretazione  che renda i pensionati destinatari dei miglioramenti
 concessi al personale in servizio.
    Tale domanda, peraltro, non puo' trovare accoglimento per i motivi
 ampiamente esposti dalla decisione delle sezioni  riunite  di  questa
 Corte n. 64/ c del 7 novembre 1984, la quale, dopo ampio ed analitico
 excursus normativo e dopo aver rilevato l'inesistenza di una norma  o
 di  un  principio  generale  che  preveda l'automatica riliquidazione
 delle pensioni, afferma che con gli artt. 160 e 161  della  legge  n.
 312/1980  e  con l'art. 26 della legge n. 432/1981, il legislatore ha
 chiaramente individuato nella permanenza in servizio delle varie date
 di  inquadramento  la  condizione  essenziale per la liquidazione del
 trattamento  di  quiescenza  sulla  base  del  nuovo  trattamento  di
 attivita'.   Da   cio'  consegue  la  rilevanza  della  questione  di
 costituzionalita' della normativa di cui trattasi. Invero  la  stessa
 citata  decisione  ha,  altresi',  dichiarato palesamente infondati i
 dubbi  di  legittimita'  costituzionale  sollevati  in  merito   alla
 normativa considerata.
    Devesi,  pero',  considerare  che  le  medesime  sezioni  riunite,
 tenendo conto anche delle  leggi  successive  alla  proposizione  del
 gravame,  con  ordinanza  del  5 giugno 1985, hanno prospettato dubbi
 sulla  costituzionalita'  del  sistema  normativo   in   quanto   (in
 particolare   per   il  personale  di  magistratura)  il  trattamento
 pensionistico relativo era divenuto notoriamente inadeguato.
    Ed  a tale prospettazione la Corte costituzionale, con la sentenza
 n. 501/1988, ha dato risposta parzialmente favorevole  nel  senso  di
 riconoscere che il legislatore, intervenuto con legge 17 aprile 1985,
 n. 141, avrebbe dovuto perequare le pensioni  di  cui  trattasi  alle
 retribuzioni  disposte  con  la  stessa  legge e non invece stabilire
 rivalutazioni percentuali di pensioni pregresse del tutto estranee ai
 criteri  adottati  per  la  ristrutturazione  dei  nuovi  trattamenti
 retributivi,  con  conseguente  vulnus  degli  artt.  3  e  36  della
 Costituzione.
    Ora  gli  stessi  principi  enunciati  nella  citata  sentenza  n.
 501/1985 potrebbero applicarsi anche ad altre categorie di dipendenti
 statali  in  quanto  per tutti, dopo le leggi nn. 312/1980 e 432/1981
 sono  intervenute  disposizioni  migliorative  del   trattamento   di
 servizio  senza che siano state adeguatamente rivalutate le pensioni.
    In  particoalre,  per  i dirigenti statali, con ordinanza n. 63208
 del  26  giugno  1989,  questa  Sezione  ha  sollevato  questione  di
 costituzionalita'  in  merito all'art. 3, primo comma, della legge 14
 novembre 1987, n.  468,  nella  parte  in  cui  non  dispone  che  la
 riliquidazione  delle  pensioni si estenda anche al personale cessato
 dal servizio anteriormente al 1º gennaio 1979.
    Per   tutto   il   rimanente   personale   ugualmente  la  sezione
 giurisdizionale per la Sardegna di questa  Corte,  con  ordinanza  n.
 210/m/89  del  18  novembre  1988-16 marzo 1989 ha posto questione di
 costituzionalita', in particolare dell'art.  5,  primo  comma,  della
 legge  28  dicembre  1988,  n. 54, nella parte in cui, in luogo degli
 aumenti ivi previsti, non dispone per il  personale  delle  forze  di
 Polizia  collocato  a  riposo  anteriormente  al  1º gennaio 1986, la
 riliquidazione della pensione, con decorrenza 1º gennaio 1988,  sulla
 base  del  trattamento economico derivante, in applicazione dell'art.
 43 della legge 1º aprile 1981 n. 121, dal d.-l. 20 gennaio  1987,  n.
 472.
    La   normativa   indicata  in  tale  ordinanza  non  attiene  alla
 fattispecie all'esame, in quanto il ricorrente e' pensionato di altre
 amministrazioni.  Ritiene  tuttavia questo collegio giudicante che il
 dubbio di costituzionalita' debba essere prospettato con  riferimento
 a  tutta  la  normativa  del  genere  concernente  miglioramenti  del
 trattamento di servizio.
    La  questione  oltre  che  rilevante  in  quanto,  come  precisato
 innanzi,  non  e'  possibile  l'applicazione  estensiva  richiesta  e
 pertanto  alla  stregua  della  normativa vigente il gravame dovrebbe
 essere respinto, appare altresi'  non  manifestamente  infondata,  in
 quanto  l'evolversi  della  normativa,  contravvenendo  al  principio
 dell'adeguato  raffronto  fra  pensioni  e  trattamento  di  servizio
 potrebbe  violare  il precetto contenuto negli artt. 3, 36 e 38 della
 Costituzione.
    Al  riguardo,  oltre  a richiamare i motivi contenuti nelle citate
 ordinanze n. 63208 del 26 giugno 1989 e n. 210/m/89 del  18  novembre
 1988/16 marzo 1989, devesi considerare:
      che  il legislatore gia' con la legge del 7 aprile 1881, n. 134,
 e col relativo regolamento di esecuzione 16 settembre 1881,  n.  416,
 aveva  previsto  l'istituzione  di  una cassa delle pensioni civili e
 militari a carico dello Stato disponendo (art. 2, secondo comma della
 legge)  che  "l'ammontare  delle  ritenute  sugli  stipendi  e  sulle
 pensioni degli impiegati dello Stato, eccettuate le ritenute  per  la
 imposta di r.m., sara' versato nella cassa per le pensioni"; sicche',
 ove si fosse attuato tale sistema non vi sarebbero state  difficolta'
 di  bilancio  statale per la riliquidazione automatica delle pensioni
 in connessione con la dinamica salariale.
    Viceversa  l'evoluzione successiva ha comportato l'acquisizione al
 bilancio dello Stato di tutte le ritenute previdenziali.
    La   Corte   costituzionale,   con  la  sentenza  n.  241/1989  ha
 evidenziato che le finalita' del prelievo  a  carico  del  lavoratore
 dipendente  impongono  che  i proventi tutti vengono destinati per la
 categoria  assoggettata  al  prelievo  senza  di  che  con   evidente
 incoerenza  ed innegabile ripercussione discriminatoria (art. 3 della
 Costituzione) resterebbe inciso l'intero meccanismo contributivo.
    Pertanto,  alla  luce  di tali considerazioni si pongono ulteriori
 dubbi di costituzionalita' in ordine alla  normativa  innanzi  citata
 (legge  n.  544/1988)  in  quanto  non  prevede  un  razionale  e non
 discriminatorio meccanismo contributivo in merito alle  ritenute  dei
 dipendenti, con violazione degli artt. 3 e 54 della Costituzione.